
Zarathustra sul pentagramma: l’ultimo uomo (3:51)
Il disco principia con L’ultimo uomo, momento iniziale della suite Zarathustra che occupava tutta la prima facciata del vecchio Lp.
L’incipit del brano è affidato ad un tema di mellotron in Si minore che, alla seconda enunciazione [0:12 – 0:22], viene doppiato in senso discendente dal basso elettrico. Il rullo di timpani successivo prelude ad una nuova, più solenne esposizione tematica [0:23 – 0:42], stante le armonizzazioni attuate dal mellotron stesso con la complicità della chitarra elettrica (e del basso, già ascoltato): la realizzazione di armonie tramite la sovrapposizione delle parti (con scrittura quindi più orizzontale che verticale), in specie di quelle degli strumenti considerati d’accompagnamento nella musica leggera, è uno stilema tipico del rock progressivo. La chiusura sul Sol maggiore [0:43] di questa breve introduzione strumentale, che alza il sipario sulla storia, opera da perno di raccordo con la sezione successiva (in Do minore), totalmente incentrata su di una sequenza di accordi ripetuta ogni otto misure con enfasi e significato di volta in volta diversi.
La voce di Walter Franco [0:53] – primo cantante del Museo Rosenbach – è la voce dell’ultimo uomo ed insieme dell’umanità intera che, rivolgendosi alla pienezza di Zarathustra, lo avverte dell’impossibilità di comunicare col resto del mondo, troppo vincolato al vivere quotidiano: al fine di garantirne la coralità, l’intervento è stato posto sullo sfondo da un effetto di riverberazione.
Il breve contributo di piano Farfisa e mini moog sovrapposti [1:34 – 2:13], nonché il contrappunto vocale di Giancarlo Golzi ampiamente trattato con echi e riverberi, hanno il compito di preparare la risposta di Zarathustra (Stefano “Lupo„ Galifi) [2:14], la cui apostrofe all’interlocutore – «Misera ombra, vuoto riflesso dell’Io» – concerne l’incapacità di quest’ultimo di riconoscere la propria grandezza interiore, l’inestimabile ricchezza della vita. Le parole del profeta persiano, benché poste significativamente in primo piano, si servono tuttavia della stessa melodia vocale ascoltata in precedenza, quasi a voler sottolineare l’umana comunanza dei due dialoganti: solamente la rabbiosa asciuttezza del loro manifestarsi e l’accompagnamento di un organo chiesastico ne richiamano la differente solennità. Altre e veementi presentazioni della microstruttura di otto battute sopraccitata [2:54 – 3:47] – questa volta da parte del mellotron inciso più volte allo scopo di dar l’idea dell’orchestra – conducono alla conclusione del brano, suggellato dal break finale della batteria che ne lancia i quattro accordi finali.
E.M.Pietra – CONTRAPPUNTI: Zarathustra sul pentagramma – CSPI 2005